Dimenticatevi i video virali su Facebook con quei bidoni galleggianti inventati da surfisti hawaiani e in grado di ripulire gli oceani dai rifiuti. Non c’è bisogno di andare fino a Honolulu per salvare il pianeta, basta andare fino a Orbassano e poi con Manuel Lai di Iris fare rotta verso Genova: appena le restrizioni sul lockdown si allenteranno, il mare avrà un alleato in più nella lotta all’inquinamento da reti, bottiglie, pellicole, e tutta quella plastica abbandonata da imbarcazioni o sversata dagli scarichi fognari. La soluzione proposta da Iris è poi un chiaro esempio applicativo di economia circolare, perché il «pattume sintetico» trattato diventerà energia pulita. «Noi partecipiamo al progetto europeo Claim che vuole sviluppare il trattamento di rifiuti galleggianti marini», spiega Lai, ade fondatore dell’azienda assieme a Carlo Ferraro, l’uomo che vuole ripopolare il borgo di Ambornetti, nel Cuneese, costruendo un resort diffuso. «Abbiamo elaborato una proposta di conversione termochimica di spazzatura raccolta sulle aree costiere, ma siccome i materiali galleggianti occupano molto spazio e impegnano tanto tempo nel carico-scarico a terra, abbiamo pensato di montare la nostra invenzione sulle barche per eliminare al largo la plastica e usare l’energia prodotta per la propulsione elettrica».
Come funziona il principio messo a punto in Iris? Alla base c’è il laser, la cui applicazione in ambito industriale ha fatto la fortuna dell’azienda torinese sin da quando è nata, nel 2012, e che impiega oggi nella saldatura e nel trattamento di processi ambientali. La plastica recuperata in mare viene messa in un contenitore senza ossigeno e scaldata con torce al plasma sino a mille gradi, una temperatura in grado di scomporre gli idrocarburi del materiale in altre molecole più semplici vale a dire gas come idrogeno, ossigeno, metano o monossido di carbonio», illustra Lai, 18 anni al centro ricerche Fiat prima di questa avventura. «A questo punto possiamo convogliare i gas in una cella combustibile in grado di trasformarli in energia elettrica per il motore della barca o per il funzionamento dei suoi quadri di comando». Il risultato della reazione chimica sono piccole quantità di residuo inerte che può essere utilizzato come additivo in edilizia o per la preparazione di asfalti. Il marchingegno di Iris per il progetto Claim consente di eliminare fino a mezzo quintale di plastica in 12 ore di trattamento e ha bisogno di 5 kilowattora di energia, interamente ripagati dall’esito del processo. A fruirne potranno essere pescatori, itticoltori, consorzi turistici, autorità portuali e comuni con bandiera Blu. In tre anni Iris conta di renderlo pienamente operativo.
Nel frattempo Lai ha suggerito la sua invenzione anche alle Asl torinesi per eliminare i rifiuti speciali plastici che in questi giorni di pandemia stanno aumentando a dismisura. «Abbiamo poi parlato con il sindaco del comune di Barge — aggiunge l’imprenditore — che sta incontrando difficoltà nella raccolta porta a porta nelle case delle frazioni isolate, allora ci siamo candidati con le nostre torce per il trattamento dell’indifferenziato sul posto, il nostro sistema è piccolo e agevole da trasportare, non può che aiutarli».